Fuori orario
Dal 14 al 20 ottobre 2018
In onda dal 14 al 20 ottobre 2018
Domenica 14 ottobre 2018 RAI3 dalle 2.30 alle 6.00 (210’)
Fuori Orario cose (mai) viste
di Ghezzi Baglivi Esposito Fina Francia Fumarola Giorgini Luciani Melani Turigliatto
presenta
IL CINEMA SI/CI DIFENDE (Gli esordi di Pietro Germi) (2)
a cura di Donatello Fumarola
con i film
IN NOME DELLA LEGGE
(Italia 1949, b/n, 99’)
Regia: Pietro Germi
Con: Massimo Girotti, Jone Solinas, Camillo Mastrocinque, Charles Vanel.
Un giovane pretore si trova in un piccolo centro della Sicilia dominato dalla mafia; tutti lo avversano tranne Paolino, un giovane e onesto lavoratore. Le ingiustizie e i soprusi sono all'ordine del giorno. Quando, deluso e amareggiato, il pretore decide di andarsene, è l'omicidio di Paolino che lo induce a restare per combattere la mafia con tutti i mezzi. Alla sceneggiatura hanno collaborato Tullio Pinelli, Mario Monicelli e Federico Fellini.
IL CAMMINO DELLA SPERANZA
(Italia 1950, b/n, 101’)
Regia: Pietro Germi
Con: Saro Urzì, Raf Vallone, Elena Varzi, Saro Arcidiacono, Liliana Lattanzi.
La chiusura d'una solfatara induce alcuni minatori siciliani ad espatriare in Francia con le loro famiglie. Durante il drammatico trasferimento al nord, saranno prima truffati dalla guida, poi coinvolti in uno sciopero di contadini e in un duello rusticano in cui il protagonista, innamoratosi della ex amante d'un bandito, uccide quest'ultimo. Dopo una bufera di neve, le guardie francesi, intuendo la disperata condizione, dei clandestini, consentono il loro passaggio del confine.
Soggetto e sceneggiatura di Germi, Fellini e Pinelli.
Venerdi 19 ottobre 2018 RAI3 dalle 2.05 alle 6.00 (235’)
Fuori Orario cose (mai) viste
di Ghezzi Baglivi Esposito Fina Francia Fumarola Giorgini Luciani Melani Turigliatto
presenta
ATTACCO AL POTERE
(1 – LA BANALITÀ DEL MALE)
a cura di Lorenzo Esposito
con:
HANNAH ARENDT 109’
(Id., Germania 2012, col)
Regia: Margarethe von Trotta
Con: Barbara Sukova, Axel Milberg, Janet McTeer, Julia Jentsch, Ulrich Noethern
Il film ricostruisce quattro anni fondamentali della vita della grande studiosa fra il 1960 e il 1964. A seguito dell’arresto del gerarca nazista Adolf Eichmann artefice numero uno dello sterminio degli ebrei, la Arendt ottiene di essere inviata a Gerusalemme dal “New Yorker” per seguire il processo come reporter. Dai suoi resoconti prenderà forma quel testo fondamentale intitolato “La banalità del male”.
EAU ARGENTÉE – SIRYE AUTOPORTRAIT 92’
(Ma’a al-Fidda, Siria/Francia, 2014, col. v.o. sott. it. )
Regia: Ossama Mohammed, Wiam Simav Bedirxan
Che cos’è il realismo? Che cos’è un’inquadratura fissa? Come si filmano i carnefici? Come si filmano le vittime? Cosa significa filmare o leggere un libro sotto un bombardamento (un libro intitolato La memoria dei corpi…)? Sono queste le domande che Ossama Mohammed e Wiam Simav Bedirxan fanno risuonare ad alta voce in Ma’a al-Fidda (Silvered Water, Syria Self-Portrait), esplicitando infine quel che di stupefacente – pur nell’immane tragedia – sta avvenendo negli ultimi anni in Siria. In Ma’a al-Fidda non si tratta solo di documentare la forma insieme dispersa e universale di una difesa guerrigliera fatta da mille occhi e centinaia e centinaia di telefonini e camerine, ma di riunirli tutti in un solo sguardo, coraggiosamente sottratto alla violenza da una giovane curda di Homs (Wiam Simav Bedirxan, co-regista), straniera in una città martoriata, sventrata, inondata di sangue, irriconoscibile, dove rimangono solo bambini e gatti mutilati che vagano fra le rovine. Si tratta di riflettere sulla semplice constatazione che tutto il popolo siriano filma: filmano i giovani pacifici che manifestano per le strade, filmano i torturatori nelle carceri, filmano i ribelli armati e filmano i militari del dittatore (una maratona, la definisce Ossama Mohammed, il film più lungo della storia). Non siamo più solo di fronte al grande vuoto, sporco e raccapricciante, di una guerra se vogliamo più sudicia ancora di molte altre. E non è solo che un film oggi può (e deve?) essere fatto di queste immagini altrui, l’avventura infinita dell’altro da sé. È che questa cosa di nome cinema, costretta tutte le volte a chiedersi cos’è veramente, è ancora capace di mostrare il punto invisibile della speranza, il fiore che semplicemente cresce ai piedi di una casa rasa al suolo. Capace di mostrarsi laddove l’umanità si bea dell’accecamento, e si dimentica di essere umana.
Sabato 20 ottobre 2018 RAI3 dalle 1.05 alle 6.00 (295’)
Fuori Orario cose (mai) viste
di Ghezzi Baglivi Esposito Fina Francia Fumarola Giorgini Luciani Melani Turigliatto
presenta
ATTACCO AL POTERE
(2 – IL DISCORSO DEL CORPO)
a cura di Lorenzo Esposito
con i film
I VOLTI DELL’ANONIMO
(Italia, 2009, video da 16mm, muto, 11')
di Paolo Gioli
“Volti e figure trovati su rullini di autore sconosciuto dei primi anni del ‘900. Ho trascinato le immagini attraverso quella che probabilmente era la sua cinepresa che avevo comprato in un vecchio negozio di Roma nel ’72. I fotogrammi [vi] si trovavano verticali e orizzontali, singoli e in brevi sequenze e così le ho lasciate sovraimprimendo [con più riprese] e con dissolvenze naturali date dall’otturatore della vecchia cinecamera, con velocità [di ripresa] manuali, rallentamenti e arresti improvvisi. Insomma, una cinepresa che riprendeva una cinepresa e le sue viscere attarverso la sua finestrella, l’animazione di uno sconosciuto autore-sperimentatore.” (Paolo Gioli)
FAUST
(id., Russia, 2011, col., 134’. v.it.)
Regia: Aleksandr Sokurov
Con: Johannes Zeiler, Anton Adasinskij, Isolda Dychauk, Georg Friedrich, Hanna Schygulla
Leone d’oro a Venezia nel 2011, il film completa la “tetralogia del potere” dopo i precedenti Moloch (1999), Taurus (2000) e Il Sole (2005). Non è un adattamento della tragedia di Goethe nel senso tradizionale, ma “una lettura di ciò che rimane tra le righe”. Il Faust di Sokurov è un anonimo guidato da istinti semplici: fame, avidità, lussuria. Progetti sconvolgenti nascono nello spazio angusto e ristretto dove si affaccenda nella vita quotidiana, in uno stato di patologica infelicità. E’ un pensatore, un veicolo d’ idee, un trasmettitore di parole che lancia la sua sfida: “Perché rimanere nel presente se si può andare oltre”? Spingersi sempre più in là senza rendersi conto che il tempo si è fermato. “Il Faust di Goethe è un’opera terrificante per la sua chiarezza, la sua preveggenza. Leggendolo si prova un fremito, è un’opera che sicuramente mi genera una certa angoscia. Il film è l’opera di un regista russo, non tedesco, il mio Faust è più oscuro, più buio di quello di Goethe. Io lo vedo vicino a un personaggio di Gogol. Nel libro Faust è un mito, una “fabbrica” di pensiero che “produce” senza mai smettere, nel film invece lo vediamo mangiare, bere, muoversi, vivere. Per poterlo vedere, per poterlo immaginare realmente, diventa determinante parlare del corpo. Si tratta sempre e ancora del discorso del corpo. Il pensiero da solo non esiste, esiste anche il corpo, e in questo caso particolare ciò significa dare un corpo a Faust. I quadri di Altdorfer, di Carl Spitzweg, la pittura tedesca di quell’epoca, mi hanno aiutato a amplificare il significante di Faust ” (Aleksandr Sokurov)
CHARLOT FA DEL CINEMA
(A Film Johnnie, USA, 1914, b/n, muto con cartelli in inglesi e sottotitoli italiani, 12’01”)
Regia: George Nichols
Con: Charles Chaplin, Virginia Kirtley, Roscoe Arbuckle, Minta Durfee
La vicenda racconta una normale giornata di lavoro agli studios Keystone. Normale fino alla comparsa di Charlot... Il vagabondo assiste all'arrivo della troupe, degli attori e delle attrici che entrano negli studios; colpito dal fascino di queste ultime, le segue trovando il modo di entrare anch'egli sul set in allestimento, intralciando il lavoro degli attrezzisti e rovinando le riprese.
IL FINISH DELLE FIGURE
(Italia, 2009, video da 16mm, b/n, muto, 11'37”)
di Paolo Gioli
“Ricavato da rullini 35mm dove avevo attuato riprese con la tecnica del fotofinish, cioè immagini destinate alla fotografia, dunque ad essere immagini fisse. La mia tendenza è anche quella di animare immagini fisse, fino al limite della impossibilità tecnica. Scorrendo questi rullini di figure in agitazione, a passo-uno ho voluto ricavare un film da un non-film, dove appunto non esistono fotogrammi e dove lo scorrimento di ripresa a manovella è sì uguale a quello di una cinepresa, senza però essere una cinepresa. E' interessante per me, lo scontro tra immagini disabitate dalla sequenza a cui veniva offerta un’azione, un movimento verso un racconto cinetico, non più fotografico che favella la fine delle proprie immagini.” (Paolo Gioli)